La nascita di questo rifugio è stata a dir poco inusuale, anacronistica e forse anche un po’ scomoda.

Ma alla fine, tutte le cose davvero importanti sono scomode per qualcuno.

Mi chiamo Alessandra – classe ’92.

A fine giugno 2020 sono venuta a cercare lavoro e ho iniziato ad accudire gli animali di… *rullo di tamburi*… Latteamore.
Notizia shock.

Avevo interrotto gli studi di Medicina Veterinaria a causa di un esaurimento nervoso; avevo cominciato un’accademia di belle arti ma non volevo abbandonare ciò che mi riusciva meglio: stare a contatto con gli animali.

Mi sono sempre definita ingenuamente un’amante degli animali, ma all’inizio di questo percorso non ero né vegetariana, né tantomeno vegana.

Studiare medicina veterinaria mi aveva già aperto gli occhi su alcune questioni, ma è più facile mentire a se stessi quando non si ha esperienza diretta.

Qua ho imparato cosa vuol dire veramente dedicare la tua vita a degli esseri viventi, imparare a conoscerli come individui senzienti, al di là del loro “indice di produttività”, delle loro “prestazioni” e “rese”.

È facile prendere tutto per buono finché si tengono le emozioni a distanza.

Stare a contatto con degli esseri viventi ogni ora della giornata, nel bene e nel male, non ti concede più di chiudere gli occhi.

Dopo un breve periodo di lavoro, nonostante le gravi difficoltà economiche dell’azienda, sono rimasta volontariamente ad accudire gli animali ogni giorno, da mattina a sera, per mesi.

E ho conosciuto, condividendo le fatiche e le difficoltà, Luca.

Ho conosciuto questa persona, proprietario di Latteamore, che mi ha rivoltato la vita come un calzino.

Sono arrivata ad occuparmi degli animali di Latteamore quando ormai l’azienda era già in grande difficoltà.

Prima che succedesse il big bang che ha rivoluzionato tutto, stavamo già ragionando su come poteva risolversi ed evolversi realisticamente la situazione, sul fatto che Luca avrebbe dovuto trovare il coraggio – perché ci vuole coraggio – di chiedere aiuto. Di dire “non ce la faccio”.

Ma poi… Luca è stato arrestato.

E questa, signore e signori, è la risposta alla tanto gettonata domanda a cui non ha risposto nessun comunicato ufficiale rilasciato all’epoca: “ma perché Alessandra è stata lasciata due mesi e mezzo completamente da sola ad occuparsi di tutti quegli animali? Così, da un giorno all’altro, se ne sono fregati e hanno lasciato il problema a un altro?”

No.

Io un giorno io mi sono svegliata per andare, come tutti i giorni, ad occuparmi degli animali, e ho scoperto che Luca era stato portato in carcere (per questioni amministrative e tributarie).

Ero da sola.

Boom, panico.

Da questo evento assolutamente drammatico è nata forse l’avventura più importante e più rivoluzionaria della mia vita. Della nostra vita.

Trasferirsi da un giorno all’altro in un luogo isolato in cima a un cucuzzolo, gestire fisicamente ogni giorno 500 animali da sola, e intanto pensare a come giustificarlo ad ASL e autorità locali, ragionare su come riuscire ad alimentarli senza alcun tipo di entrata, il mio conto in banca agli sgoccioli e senza poter contattare Luca in alcun modo per dodici giorni per sapere cosa fare e che strada intraprendere.

Guardavo Astra correre gioiosa in mezzo alla mandria, davo il biberon a Sbili che si stava lentamente riprendendo avvolta nelle sue copertine e non sapevo dove sbattere la testa.

Gli animali non erano intestati a me, non potevo decidere io sul loro futuro.

Sapevo che per Luca, nonostante tutte le contraddizioni e le difficoltà, erano importantissimi, ma ero anche conscia del fatto che di fronte a un tale ostacolo le priorità avrebbero potuto cambiare.

Se avesse voluto venderli, io non avrei potuto oppormi.

Quando finalmente sono riuscita a parlare con Luca, le sue parole sono state cristalline:

“Hai carta bianca e pieno potere decisionale. Salvali, fai tutto ciò che è necessario per salvare gli animali. Latteamore è terminato.”

Da lì, il delirio per capire come riuscire a farlo.

Come gestire una situazione ben più grande di me, che mai mi sarei sognata di dover affrontare.

E la decisione di prendere in mano il telefono e contattare con il cuore in mano la Rete Dei Santuari per spiegare la situazione e l’estrema volontà di salvare gli animali che stavo accudendo giorno e notte senza sapere in che direzione dirigermi.

Dopo molte chiamate e molti incontri con i vari responsabili dei Rifugi e dopo intense videochiamate settimanali con Luca, abbiamo concordato la via: io avrei continuato ad occuparmi degli animali al meglio delle mie possibilità, Latteamore sarebbe stato ufficialmente chiuso e la Rete mi avrebbe aiutato a trovare sistemazioni sicure per gli animali.

Sono state scritte tante cose in quel periodo e come il telefono senza fili l’informazione si è distorta via via: si è parlato di abbandono, di sequestro, di chiusura forzata… ognuno ha dato la sua versione sui social in base alle informazioni parziali e inesatte giunte alle orecchie e rimodellate.

Sono stati due mesi di fatica, sudore, esaurimenti nervosi, ma anche speranza ed estrema collaborazione e solidarietà per garantire la vita a tutti gli animali.

Ho raccontato la mia storia sul mio account Twitter che prima usavo per parlare di serie tv e ho ricevuto un sostegno incredibile tra i miei amici e conoscenti internazionali che mi ha permesso di garantire cibo agli animali per altri 2 mesi dopo aver terminato velocemente tutti i miei fondi privati.

Tra il dover fronteggiare problemi economici, burocratici e le azioni di alcuni ex collaboratori dell’azienda che cercavano di sfruttare subdolamente la situazione per i propri interessi remando contro al tentativo di cambiamento radicale, un faro di luce:

ho conosciuto Gessica.

Ho conosciuto la dott.ssa Gessica grazie a Carmela, una pecora che necessitava di un cesareo e che adesso abita da lei insieme al suo agnello Vincenzo.

Gessica mi ha aiutato, mi ha sostenuto e ha donato il suo tempo a me e agli animali. Senza di lei non ce l’avrei fatta ad essere abbastanza efficiente per gestire da sola le logistiche dei primi trasporti verso le nuove case e verso i Rifugi, dei trattamenti di routine e degli imprevisti all’ordine del giorno.

Dopo due mesi e mezzo che sono sembrati eterni, finalmente è tornato Luca.

Come spesso succede, le esperienze traumatiche della vita ci portano a realizzare verità che prima non riuscivamo del tutto a metabolizzare.

Vivere l’esperienza del carcere sulla propria pelle, essere legato e scaraventato su un furgone senza poter sapere dove ti porteranno, spostato da una casa circondariale all’altra; vivere chiuso in una gabbia per due mesi e mezzo con un’ora d’aria al giorno e vedere dall’interno come i detenuti sono trattati dal sistema penitenziario, derisi e ignorati dalle persone addette alla loro gestione, senza stimoli, senza volontà alcuna di considerarli individui con necessità singole…

Dopo un’esperienza del genere, a maggior ragione non puoi più giustificare mezze misure su niente; quando ti senti come un animale caricato su un camion senza coscienza del suo destino le mezze misure vanno a farsi benedire.

Quando impari in prima persona come ci si sente ad essere privati di ogni libertà, ad essere pervasi da una sensazione di impotenza di fronte all’ignoto di quello che succederà, quando non puoi autodeterminarti di fronte agli eventi che ti vengono imposti, allora capisci anche – e la capisci davvero – la realtà che vivono ogni giorno gli animali negli allevamenti.

La vicinanza tra le due situazioni diventa tangibile e non più ignorabile. Diventa intollerabile.

Non la vuoi più tollerare perché non puoi farlo dopo averla vissuta.

Grazie all’aiuto della Rete Dei Santuari, 280 capre e pecore del gregge hanno trovato nuove case sicure.

Più si andava avanti però e più risultava evidente che lavorare solo per la disgregazione di qualcosa di ormai superato e non più accettabile mi faceva stare male. Ci faceva stare male.

Accompagnavo gli animali durante i loro viaggi verso le loro nuove case per la vita ed era sempre una preoccupazione.

Dall’altra parte, affidare un animale a qualcun altro è anche sempre un’incognita, nonostante tutti i controlli e l’attenzione che si possono dedicare: ci sono stati numerosi gravi problemi con alcune adozioni, che abbiamo dovuto risolvere, a volte con fatica e con grande dispendio di energie e fondi.

Inoltre, riuscire a trovare nuove case per così tanti ovicaprini e bovini era di fatto assolutamente impossibile, soprattutto in tempi compatibili con l’altrettanto assoluta scarsità di risorse economiche a mia disposizione.

Non per ultimo, il pensiero di separare la mandria, gli amici, i parenti, di dover rompere quei legami indissolubili di gruppo creatisi negli anni… era davvero troppo brutto.

Casa loro è il branco e per rispetto nei loro confronti è necessario tenerli uniti e tutelarli come individui liberi e come gruppo e non solo come vita in generale.

E noi apparteniamo a loro.

Ho parlato a lungo con Gessica di questa cosa: lei stava per fondare un’associazione per un progetto di recupero animali selvatici e mi ha teso la sua mano per entrare a farne parte e allargarne gli orizzonti per sostenere anche il progetto di vita che avevamo in mente.

Da qui è nata Le Impronte Del Bosco ODV, che gestisce il CRAS della Provincia di Arezzo, ed è poi nato il Rifugio Il Carro Di Buoi.

Luca si occupa insieme a me giorno e notte degli animali.

Sette giorni su sette.

È un ex detenuto e un ex allevatore diventato vegano… una combo micidiale per arrivare a un rifiuto viscerale del passato.

So che sarebbe molto più facile e d’effetto raccontare una storia con un cattivone da sconfiggere e un buono che arriva a salvare tutto e tutti, ma in questa storia strana, unica, radicale, è molto più bello parlare di come le idee possono cambiare, di come gli eventi apparentemente negativi ci portino ad epifanie che cambiano le nostre vite, le nostre priorità e le nostre vocazioni e verità.

Di come la collaborazione e i punti d’incontro siano molto più interessanti e fertili delle sterili polemiche e delle narrative semplificate.

Scherzo sempre sul fatto che Luca è riuscito a farmi diventare vegetariana, e poi dopo aver affrontato tutto questo io l’ho fatto diventare vegano!

Io vi parlo delle storie singole di questi animali con così tanta passione perché le ho conosciute attraverso Luca. E spero che il futuro, nella sua radicale diversità dal passato, permetta di scrivere altre storie dall’inizio e di lavorare per migliorare quelle già iniziate.

Abbiamo uno scopo davanti a noi:

costruire dalle fondamenta.

Dare a questo rifugio una nuova vita dopo la tempesta, costruire un luogo radicale sulle macerie di quello che è stato.

E spero che continuerete ad accompagnarci in questa sfida!